SECONDA DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia
Dal TESTAMENTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Miserando atque Eligendo

Nel Nome della Santissima Trinità. Amen.
Sentendo che si avvicina il tramonto della mia vita terrena e con viva speranza nella Vita Eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura. La mia vita e il ministero sacerdotale ed episcopale l’ho sempre affidato alla Madre del Nostro Signore, Maria Santissima. Perciò, chiedo che le mie spoglie mortali riposino aspettando il giorno della risurrezione nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore. Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario Mariano dove mi recavo per la preghiera all’inizio e al termine di ogni Viaggio Apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarLa per la docile e materna cura (…) Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus (…) Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene continueranno a pregare per me. La sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita l’offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli. FRANCESCO Santa Marta, 29 giugno 2022
“Francesco, nella luce della Pasqua” di Sergio Di Benedetto (su Vino Nuovo)
Un giorno particolare, un Vangelo che risuona nelle chiese, un Papa che entra nella vita eterna: segni che dicono uno stile, un ministero, una vita (22 aprile 2025).

Nella luce della Pasqua: è morto così, come credo egli desiderasse morire, ancora nel servizio del ministero, dopo aver celebrato la Pasqua, dopo aver visto, ieri, i fedeli in piazza, quei fedeli tra cui è voluto andare, come il pastore ‘che ha l’odore delle pecore’, e dopo aver lasciato al mondo parole di pace, di fratellanza, di comunione. Parole che in questi giorni di Passione e Resurrezione egli ci ha donato, e che andremo a rileggere, con la consapevolezza, triste e vera, che erano parole di congedo e di eredità: allora una luce diversa le illumina, un accento differente le anima. È morto così, papa Francesco; e mentre attraversava la soglia che apre alla vita eterna, nelle chiese della sua diocesi, alle prime messe del mattino, echeggiavano queste parole del Vangelo: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno» (Mt, 28, 10). Le parole del Risorto risuonano nelle navate delle chiese di Roma, mentre il padre chiude il suo cammino terreno, diventando sintesi di un ministero. Perché qui ci sono lo stile, la parola e l’azione di Francesco: uscire dalla paura, annunciare, andare fuori, verso la Galilea, terra delle genti, oltre i confini e le frontiere. Dodici anni da papa, germogliati su tanti anni da vescovo e da sacerdote, che la Parola racchiude e consegna alla Chiesa e al mondo. Immagini, gesti, scelte, rotture, cammini. C’è un sigillo che a volte il Padre mette nelle vite dei suoi servi, chiamandoli in giorni che sono sintesi di una vita: accade a molti uomini e donne, fedeli e benedetti. Tornare alla casa del Padre il lunedì di Pasqua, nell’annuncio della resurrezione, è il sigillo sulla vita e sul ministero di Jorge Mario Bergoglio. È l’estremo messaggio, che compendia e illumina; è un dono che lo Spirito riserva ai suoi amici. Bergoglio uomo di resurrezione, uomo di coraggio, uomo di movimenti, oltre i limiti e le fragilità che ogni persona ha. L’eredità di Papa Francesco è enorme, ed enorme è la responsabilità a cui la Chiesa, i fedeli, gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati. Ripercorrere ora dodici anni intensi è impossibile; abbonderanno analisi e letture, bilanci e previsioni. Servirà tempo. Di certo, ognuno di noi, di noi che gli abbiamo voluto bene, ha nel cuore parole e gesti di un papa che ha restituito vie di umanità alla fede cristiana. Forse Francesco ci ha fatto sentire meno soli nell’abitare questa chiesa, quando avvertivamo il suo peso: basterebbe questo per essergli riconoscenti. Forse ci ha donato consolazione, forse ci ha aiutato a vivere con più fedeltà il Vangelo. La Parola che il lunedì di Pasqua ha accompagnato l’improvviso spegnersi di Papa Francesco parla anche di opposizioni: egli le ha incontrate, opposizioni aggressive e malevole: ma questo è il destino della Parola, appunto, dal giorno dell’Incarnazione, dal giorno della Resurrezione. Mentre, con tristezza, diamo l’ultimo abbraccio a Papa Francesco, sentiamo anche un’immensa gratitudine per averlo avuto pastore, per averlo sentito pastore, per aver sentito in lui risuonare lo Spirito, per aver restituito speranza e fiducia, per aver ricordato a ogni passo che la misericordia di Dio è una tenda per tutti, che le periferie